Tetradrakmaton

Il Fedro di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
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Il mito delle cicale (Fedro 258e-259d)

Abstract

It is high noon. Cicadas are singing. Socrates tells Phaedrus they used to be men who were so fond of singing that they forgot everything else, until death. Therefore, the gods granted them the gift of singing all the time, as cicadas, and to report the Muses, after their death, who honors each of them on earth. Cicadas sing always the same humdrum verses and give people a good or a bad reputation: in a sense, they are very similar to the oral culture poets.

Si è fatto mezzogiorno. Le cicale friniscono. Socrate ha appena chiesto a Fedro se desidera discutere la questione del carattere dello scrivere bene o male. Fedro gli risponde affermativamente.

...per che cosa si dovrebbe vivere, se non per piaceri come questi? Perché non sono certamente di quelli che hanno bisogno di un dolore precedente altrimenti non potrebbero esser goduti, com'è proprio di quasi tutti i piaceri del corpo, che perciò, e giustamente, sono chiamati da schiavi. (258e)

I piaceri tipici del corpo derivano dal sollievo di uno stato di bisogno, e dunque di sofferenza. Mangiare, di per sé, non è piacevole - tanto è vero che chi mangia troppo si sente male -; è piacevole soltanto la cessazione di una condizione di bisogno, la fame, propria del nostro ciclo biologico. In questo senso, simili piaceri sono piaceri "da schiavi", cioè da creature costrette nel mondo della necessità biologica ed economica. I piaceri degli uomini liberi non traggono giustificazione da uno stato di bisogno, frutto della necessità naturale e non oggetto di scelta. Chi è libero ha il tempo libero e l'indipendenza di spirito per fare scelte al di là dei bisogni cui gli capita di essere soggetto. Il fatto che il giovane Fedro dichiari di condividere questo elemento aristocratico dell'etica greca mette Socrate in grado di condurlo, dalla retorica, suo oggetto di studio, alla filosofia.

Socrate, scherzosamente, dice che, dedicandosi alla discussione, devono cercare di fare bella figura in modo che gli dei concedano loro lo stesso dono che hanno dato alle cicale. Una volta, racconta Socrate, le cicale erano uomini che, per la gran passione di cantare, si scordavano di ogni altra cosa, fino a morirne. Furono perciò trasformati in cicale, col privilegio di cantare tutta la vita senza fare altro, e, una volta morte, riferire alle Muse chi degli uomini le onora meglio. (259b-d)

Questi insetti fastidiosi, che fanno da sottofondo alle giornate estive, ripetendo sempre lo stesso verso ma senza dire proprio nulla, e che pure sono capaci da produrre una buona reputazione presso le Muse, sono una rappresentazione ferocemente ironica dei poeti propri della cultura orale. Fra le Muse, tuttavia, Socrate menziona anche Calliope e Urania, cui le cicale riferiscono chi trascorre la vita dedicandosi alla filosofia - suggerendo, dunque, al lettore che anche la filosofia può essere noiosa, ripetitiva e senza senso. Anche per questo il problema della retorica assume una rilevanza filosofica.

Link rilevanti

Platone. Fedro 258e-259d.


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