Tetradrakmaton

Il Fedro di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
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Il secondo discorso di Socrate (Fedro 241d-257b)

Palinodia (Fedro 241d-243e)
Eros come mania (Fedro 244a-245c)
La natura dell'anima (Fedro 245c-246a)
Il carro alato (Fedro 246a-247c)
Un luogo al di sopra del cielo (Fedro 247c-248c)
Metempsicosi (Fedro 248c-249b)
Anamnesis (Fedro 249b-c)
Un'operazione retorica (Fedro 249d-256e)
Un ideale aristocratico (Fedro 256e-257b)

Palinodia (Fedro 241d-243e)

Abstract

Socrates interrupts his speech against Eros and tries to go away. But he feels, in his consciousness, the voice of something godlike (to daimonion) that prevents him from parting and compels him to lay out another speech, a recantation, to rectify the mistakes he made in the first one. Eros is not an illness, but a god.

Socrate, dopo aver esposto i motivi per i quali gli amanti sono affezionati al ragazzo come i lupi vogliono bene agli agnelli (241d), tronca il suo discorso e sta per andarsene. Ma c'è qualcosa che lo trattiene.

E' accaduto che è venuto a me il segno demonico e consueto - mi trattiene sempre da quello che sto per fare - e mi è sembrato di udire una voce proprio da lì, che mi proibiva di andarmene prima di essermi purificato, come se avessi errato nei confronti di ciò che è divino.(242b-c)

Hegel, nelle Lezioni sulla storia della filosofia (vol. II), scrive che questo "qualcosa di demonico" è una via di mezzo fra l'esteriorità dell'oracolo e la pura interiorità dello spirito. Si tratta di una voce interiore, che viene dalla coscienza di Socrate stesso; ma quando egli ne deve parlare, lo rappresenta, come avrebbe fatto un uomo della cultura orale, alla maniera di uno «speciale genio distinto dalla volontà umana». Socrate, d'altra parte, non afferma mai di percepire la presenza di un daimon, cioè di un essere divino di rango inferiore, ma solo di un daimonion (aggettivo sostantivato), cioè di un qualcosa di demonico.

Socrate, in altre parole, si sente in colpa e avverte la necessità di pronunciare un secondo discorso per correggere il primo, ed espiare così il suo errore nei confronti di Eros, che per la religiosità tradizionale non era una malattia, ma un dio. Questo suo discorso di espiazione viene paragonato da Socrate alla Palinodia del poeta Stesicoro di Imera, il quale, secondo una leggenda, era diventato cieco per punizione dopo aver composto un poema che narrava la vicenda di Elena di Troia come descritta da Omero. Ma, a differenza di Omero, non era rimasto cieco perché aveva poi composto una palinodia, cioè un poema che rettificava quanto aveva narrato nel primo: Elena non aveva seguito Paride a Troia, ma era rimasta con lo sposo legittimo. I troiani, di lei, avevano visto solo un simulacro.

Omero, il poeta simbolo della cultura orale, non è in grado di correggersi ed è condannato a ripetere ciecamente quello che gli è stato tramandato; Socrate, che ha scoperto la coscienza, può correggersi perché ha, in più, la capacità di riflettere su quello che dice.

Link rilevanti

Platone. Apologia di Socrate 39e-40b: il daimonion di Socrate.

Platone. Fedro 241d-244e .

Eros come mania (Fedro 244a-245c)

Abstract

In Socrates' view, it is true that love is insanity, but there are kinds of insanity that are not evil, if we try to evaluate them without adopting the perspective of economic utility. “The greatest of blessings come to us through madness, when it is sent as a gift of the gods” (244a)

Non è vero, dice Socrate, che si deve preferire chi non ama a chi ama, perché il primo sa controllare se stesso (sophronei), mentre il secondo è pazzo (mainetai).

Questo sarebbe ben detto, se fosse ovvio che la mania (follia) è un male; ma i beni più grandi vengono a noi attraverso la follia, quando è data per un dono divino. (244a)

Di questa divina follia, prosegue Socrate, la tradizione ha riconosciuto tre tipi:

  • mania profetica, ispirata da Apollo: la Pizia a Delfi e le sacerdotesse dell'oracolo di Dodona emettevano i loro vaticini - cui il mondo greco attribuiva una eccezionale autorità - in uno stato di trance (244b-c)
  • mania dionisiaca, che ha una funzione iniziatica o catartica, cioè di purificazione (244d-e)
  • mania poetica, ispirata dalle Muse: i poeti della tradizione orale - come racconta Esiodo - si legittimavano come alienati, cioè come veicoli per conservare e tramandare un sapere non loro, che per la sua autorevolezza veniva attribuito alle divinità. In questo senso, la poesia non poteva essere ridotta a una mera techne. (245a)

Dal momento che la tradizione riconosce il carattere di "dato" divino di alcune forme di mania, gli argomenti di chi biasima l'eros in quanto follia non ci devono spaventare.

Ma chi ha dimostrato che l'eros non è mandato dagli dei all'amante e all'amato per utilità (ep'ophelia) ne ottenga pure il premio della vittoria Noi, di contro, dobbiamo far vedere che tale mania è data dagli dei per la più grande fortuna (eutychia). E se questa dimostrazione non sarà credibile per chi è abile (deinos), lo sarà per chi è sapiente (sophos) (245b-c)

Socrate rifiuta di adottare i criteri di giudizio del suo avversario, fondati sul calcolo dell'utilità individuale, e tenta di sostituirli con un sistema di valori totalmente diverso: vuole dimostrare che l'eros è un dono divino, una grazia e una fortuna, ma per ragioni che non hanno niente a che vedere con l'economia dell'utilità.

Glossario

Techne

Lo spettro semantico della parola greca techne, correntemente tradotta con "arte", è in realtà molto più ampio, come si può vedere dalla corrispondente voce del Liddel-Scott-Jones Lexicon of Classical Greek. La techne comprende sia la nostra arte, sia la nostra tecnica, sia la capacità pratica, manuale o no, di fare qualcosa che si svolge secondo una regola. Non è dunque una mera esecuzione di progetti di altri, che l'esecutore può non condividere o addirittura non comprendere, né una creatività libera da regole. Gli artisti sono anche tecnici e i tecnici sono anche artisti, perché il loro fare, in entrambi i casi, comporta un saper fare o un metodo; comporta, cioè, una conoscenza, pratica e teorica a un tempo, e una partecipazione consapevole a ciò che si fa. E questo vale sia per il lavoro intellettuale, sia per il lavoro manuale: alla techne greca partecipano sia l'architetto, sia l'ingegnere, sia il muratore esperto del proprio mestiere.

La natura dell'anima (Fedro 245c-246a)

Abstract

First of all, in Socrates' view, we have to analyze the nature of the soul. The soul is ungenerated and immortal, because it is a principle that moves itself and is not moved by other. Such a metaphysical thesis is used to get people familiar with the idea that something can be for the sake of itself. For, if we do accept such an idea, we might learn to appreciate selfless and sharing behaviors, even if they produce no individual utility.

La prima cosa da fare, secondo Socrate, è capire la natura dell'anima divina e umana, guardando le sue azioni e i suoi affetti. In precedenza, Socrate aveva detto che non gli interessava tanto spiegare i miti, quanto conoscere se stesso. Ma nel dialogo Socrate non indaga mai su se stesso come individuo particolare; il suo oggetto è la psiché o anima, un principio vitale il quale ha a che vedere con la capacità di conoscere e di ragionare.

Perché, per parlare di eros, Socrate sente il bisogno di cominciare dall'anima e dalla sua immortalità? L'eros ci si presenta come mania, come una esperienza che ci colpisce al di là della nostra capacità di controllarla e che non si riesce a ridurre ai nostri calcoli. Sia il discorso di Lisia, sia il primo discorso di Socrate trattano, per questo motivo, chi è innamorato come inaffidabile. Ma se ci si convincesse che la parte più durevole di noi stessi ha un essere che trascende la nostra esistenza temporanea, sarebbe più facile riconoscere che esperienze le quali sfuggono al calcolo dell'utilità individuale non sono necessariamente forme di alienazione.

L'anima, tutta, è immortale; infatti ciò che è in moto perpetuo è immortale: ciò che muove altro e ciò che è mosso da altro, quando cessa di muoversi, cessa di vivere. Dunque solo chi muove se stesso, dal momento che non lascia se stesso, non smette mai di muoversi, ma è fonte e principio (arché) di movimento anche per tutte le altre cose che si muovono. Il principio non è venuto ad essere (ageneton): infatti ogni cosa che è venuta ad essere, è venuta ad essere necessariamente da un principio, ma il principio non è venuto da niente. Perché se fosse venuto ad essere da un principio, non sarebbe, a sua volta, principio. Poiché non è venuto ad essere, è anche necessariamente incorruttibile. Infatti se il principio cessasse di esistere, non sarebbe fatto venire ad essere da niente, né altro verrebbe ad essere da questo, se davvero bisogna che tutte le cose vengano ad essere da un principio. Ecco perché ciò che muove se stesso è principio di movimento. Ed esso non può né smettere di esistere né venire ad essere, o accadrà che tutto, il cielo e la tutta terra, si fermerà cadendo in rovina, e non ci sarà mai più qualcosa che lo faccia muovere. Ma poiché ciò che si muove da sé è stato visto come immortale, chi dice che proprio questa è l'essenza (ousia) e la definizione dell'anima non farà una brutta figura. Infatti il corpo (soma) cui il movimento è dato dall'esterno è inanimato (apsychon), mentre ciò che lo dà a se stesso da sé è animato (empsychon), poiché questa è la natura dell'anima. Ma se questo è vero, che quanto si muove da sé non è nient'altro che anima, allora necessariamente l'anima è immortale e non venuta ad essere. (245c-e)

Questa argomentazione metafisica servirà a sostenere una tesi il cui interesse è primariamente pratico: se è possibile pensare qualcosa come principio di se stesso, allora è anche possibile riconoscere l'eventualità di esperienze che trovano in se stesse, e non in altro, il proprio senso e il proprio valore. E Socrate ritiene che la totalità dell'essere possa avere un senso soltanto se è "animata" è viva, cioè solo se è in grado di darsi senso da sé.

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Maria Chiara Pievatolo. Dalla mimesis all'anima.

Platone. Fedro 245c-246a.

Il carro alato (Fedro 246a-247c)

Abstract

Socrates asserts that telling what is the idea of the soul would require a great and divine speech; human beings can use only a lesser speech that gives only a likely figure of it. He likens the soul to the composite nature of a pair of winged horses and a charioteer. One of the horses is bad: but if the soul succeeds in soaring upwards, it partakes the nature of gods, and contemplates the ideas. However, if Socrates' lesser discourse represents only the likely, we have to ask whether there is an actual difference between rhetoric and philosophy.

Secondo Socrate, solo un discorso grande e divino potrebbe dire qual è l'idea dell'anima; un discorso minore, umano, può dire solo a che cosa assomiglia. Socrate sceglie di adottare questa seconda modalità. Stando così le cose, ci si potrebbe chiedere se il suo discorso, che rinuncia a spiegare l'anima secondo l'idea, abbia davvero valore scientifico, o sia soltanto retorica.

L'anima è simile alla potenza nata insieme di una pariglia alata e di un auriga.(246a) Aurighi e cavalli delle anime divine sono nobili e belli (kaloi kai agathoi), mentre quelli degli altri sono di natura mista. Una cavallo, in particolare, è peggiore dell'altro.

L'anima, tutta, si prende cura di tutto ciò che è inanimato, e va in giro per tutto il cielo, passando da una forma all'altra a seconda dei momenti. (246b)

Quando è perfetta e alata sta in alto e amministra il cosmo; quando va verso il basso e perde le ali si accasa in un corpo, e forma con essa un essere vivente (zoon), del quale è principio di movimento, e che si chiama mortale. Si tratta, ora, di spiegare in che modo avviene questa caduta.

L'ala tende a condurre verso l'alto, dove abitano gli dei: qui l'anima condivide la natura del divino, che è bellezza, sapienza e bontà, e che nutre e fa crescere le sue ali, mentre il contrario la corrompe e la perde.

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Platone. Fedro 246a-247c.

Un luogo al di sopra del cielo (Fedro 247c-248c)

Abstract

The conceptual paradigms of reality dwell in a “region above the heaven”, which only the divine souls are able to contemplate fully. The souls whose pair contains a bad horse can see them only partially, if they are lucky. For this reason, their subjective knowledge is affected by chance and history, although the object for which they long has to be thought as eternal.

Le anime, salendo, arrivano al punto più alto della volta celeste. Quelle la cui pariglia contiene un cavallo cattivo procedono con grande difficoltà.

Le anime che sono chiamate immortali, quando sono al punto più alto, si fermano muovendosi sul dorso del cielo, e la rivoluzione celeste le porta in giro, ferme, ed esse contemplano (theorousi) ciò che è fuori dal cielo. (247b-c)

In una visione cosmologica che immagina l'universo come finito, un luogo al di fuori del cielo non può essere pensato come un posto fisico, dotato di uno spazio proprio. Non a caso, Platone per parlare del viaggio dell'anima sulla parte esterna della volta celeste, usa degli ossimori. Quello che le anime contemplano non lo apprendono per esperienza, come chi va in giro per il mondo, anche perché gli oggetti di questa contemplazione non sono sensibili.

Questo luogo al di sopra del cielo nessuno dei poeti di qui lo cantò né mai lo canterà degnamente. Ma è così - perché si deve avere il coraggio di dire la verità, soprattutto quando si parla della verità. Infatti questo luogo è occupato dall'essenza (ousia) incolore, non raffigurabile e impalpabile che è veramente, visibile solo all'intelletto (nous) pilota dell'anima. Così la dianoia (riflessione) del dio, nutrita di nous (intelletto) e di scienza (episteme) pura, e di ogni anima che si curi di ricevere quanto le si addice, vedendo per un po' di tempo ciò che è, lo ama (agapà), e fissando il vero cresce e si sente bene, finché la rivoluzione in cerchio non la riconduce allo stesso punto. In questo giro essa contempla la giustizia in sé, la sophrosyne, la scienza - non quella cui perviene il divenire, né quella che è diversa a seconda della diversa cosa che è, come la chiamiamo noi, bensì quella che è in ciò che è realmente; e similmente, dopo aver contemplato le altre cose che sono in realtà ed esserne stata ospite, distaccatasi di nuovo verso l'interno del cielo, torna a casa. E giuntavi, l'auriga fa fermare i cavalli alla mangiatoia, getta loro ambrosia e li abbevera con nettare. Questa è la vita degli dei. (247 c-e)

Invece le anime la cui pariglia ha un cavallo cattivo non sono capaci di rimanere in alto, si calpestano a vicenda e riescono a vedere poco o nulla.

E dopo molta fatica vanno via incomplete della visione di ciò che è, e allontanatesi fanno uso di cibo opinabile (doxastos). Ma il motivo di tanto affanno per vedere il piano della verità è che il pascolo adatto alla parte migliore dell'anima è in quel prato lassù, e la natura dell'ala, per la quale l'anima si solleva, si nutre di questo. (248c)

Nel racconto di Socrate, la conoscenza divina, che avviene in un luogo non fisico, non ha una storia, né dal lato del soggetto né da quello dell'oggetto. Le idee valgono in eterno, fuori dal tempo e dallo spazio; le anime divine le contemplano sempre e senza difficoltà, nel ciclo eterno dell'universo. Di contro, la conoscenza delle anime non divine è soggetta all'accidentalità, dal lato soggettivo, perfino nella dimensione mitica del racconto. Gli oggetti della conoscenza divina sono gli elementi essenziali della metafisica platonica: i paradigmi concettuali, eternamente validi, che consentono di conoscere le cose. Questi stessi oggetti, tuttavia, sono solo intravisti dalle anime non divine. Per questo la loro conoscenza, a differenza di quella divina, ha una storia. E a causa della soggettività e storicità della nostra conoscenza eros e retorica sono problemi di rilevanza filosofica.

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Platone. Fedro 247c-248c.

Metempsicosi (Fedro 248c-249b)

Abstract

Human souls whose pair contains a bad horse, if they do not succeed in seeing at least some truth, grow heavy, fall downwards and are subjected to a cycle of nine reincarnations. Such a cycle lasts ten thousand years; at the end of each earthly life every souls receive a punishment or a reward, and are free to choose their next existence (this is a major difference between Plato's myth and the Hindu doctrine of karma). If a soul chooses the philosophical life three times and pursues it with sincerity, it is allowed to return to heaven after three thousand years. The times are so long because Plato tries to convey the idea that knowledge and truth exceed the limits of individuals' perspectives.

E questa è la disposizione di Adrastea: qualunque anima che, avendo fatto parte del seguito di un dio, ha intravisto qualcosa del vero, fino alla rivoluzione successiva sarà intatta, e se riuscirà a fare sempre lo stesso, sarà sempre senza danno; ma quando, non essendo capace di seguire, non vede, e per qualche caso sfortunato (syntychia) è riempita di dimenticanza, (lethe) e cattiveria e si appesantisce, per il peso perde le ali e cade sulla terra, allora è legge che quest'anima non si impianti in nessuna natura bestiale alla prima generazione, ma quella che abbia veduto di più nella specie di un uomo che amerà la sapienza o la bellezza, o sarà esperto di mousiké o d'amore (erotikos), la seconda in un re rispettoso della legge, guerriero ed autorevole, la terza in un uomo che si occupa della città, o in un economo, o in un esperto di finanza, la quarta in un ginnasta amante della fatica o in qualcuno interessato alle cure del corpo, la quinta in una che avrà la vita del profeta o del mistico; alla sesta si adatterà un poeta o qualcun altro che si dedica alla mimesis, alla settima un artigiano o un contadino, all'ottava un sofista o un demagogo, alla nona un tiranno. In tutte queste condizioni, chi abbia trascorso la vita giustamente riceve in successione un destino (moira) migliore, chi ingiustamente, peggiore.(248c-e)

Il carattere parziale e contingente del sapere soggettivo delle anime non divine le conduce a incarnarsi in storie, società ed esistenza individuali. Platone sembra influenzato dalla dottrina indiana della metempsicosi o trasmigrazione delle anime, ma non la usa per corroborare l'ordine esistente della società, bensì per mostrarne la contingenza. La condizione storico-sociale di ciascuno di noi, e la corrispondente limitazione prospettica ad essa connessa, è provvisoria e dovuta a un difetto di conoscenza. Questa tesi ha tre conseguenze:

  • sul piano etico: i giudizi di valore legati unicamente agli interessi dell'esistenza particolare possono essere soltanto provvisori; sarebbe perciò fuorviante rigettare l'eros unicamente perché è una esperienza di alienazione che non può essere ridotta all'utilità individuale;
  • sul piano politico: le strutture sociali storicamente esistenti sono anch'esse contingenti, e dunque possono essere criticate, riformate, modificate;
  • sul piano epistemologico: gli oggetti del sapere non sono creazioni degli individui esistenti nella storia, ma qualcosa che deve essere pensato come superiore e indipendente da loro.

L'anima impiantata in un corpo ha bisogno di un periodo di diecimila anni per far ricrescere le sue ali e tornare in alto. Ad ogni morte, le anime vengono giudicate e trascorrono un periodo di ricompensa o di punizione fino allo scadere di un millennio. Quindi le anime vengono sottoposte a un sorteggio e alla scelta di una nuova vita; il sorteggio determina l'ordine della scelta, ma la scelta stessa è lasciata al volere di ciascuna. Solo le anime che per tre volte di seguito hanno scelto la vita filosofica, amando sinceramente il sapere, o amando i giovani con filosofia (paiderastesantos meta philosophia), sono liberate dal ciclo delle reincarnazioni dopo tremila anni, anziché diecimila.(249a-b) Al momento della scelta, è anche possibile il passaggio dell'anima da un corpo di animale a uno umano e viceversa; ma se un'anima non ha mai visto la verità, non potrà mai avere forma umana. I tempi lunghissimi del mito, molto superiori alla durata di una singola vita terrena, servono a far capire che l'impresa del sapere può aver luogo solo se le prospettive di chi la intraprende trascendono l'orizzonte individuale.

Nella versione indiana della metempsicosi, il karma, cioè il complesso delle conseguenze delle nostre azioni passate, determina la vita successiva; nella versione platonica, le vite successive sono frutto di una scelta, compiuta in una condizione di parziale deficit cognitivo. L'ordine sociale, pertanto, non è parte del meccanismo cosmico della retribuzione, ma è frutto delle nostre decisioni e può essere cambiato.

Glossario

Adrastea

Adrastea, l'inevitabile, era uno degli attributi della nemesis o retribuzione, la quale, nella visione greca arcaica del mondo, era a un tempo legge della natura e della storia.

Mousiké

Per mousiké si intende il complesso delle arti presiedute dalle Muse. che comprende la poesia, la letteratura, la musica in senso stretto, il teatro, il canto, la danza. Nel mondo greco la poesia veniva "rappresentata" con un performance complessa, per mezzo del canto accompagnato da uno strumento musicale.

Mimesis

La versione corrente di questo termine è "imitazione". Tuttavia, se consideriamo il suo ruolo nella poesia della cultura orale, la traduzione più appropriata potrebbe essere "mimetismo" o "immedesimazione". La poesia dell'oralità esisteva solo come memoria collettiva, nella misura in cui veniva ripetuta: esisteva, dunque, solo in quanto veniva eseguita e riusciva a coinvolgere gli spettatori, facendosi ricordare. Per questo l'esecutore e il pubblico potevano essere pensati come immedesimati in un unico, corale processo di mimetismo.

Anamnesis (Fedro 249b-c)

Abstract

The philosopher recollects those things which our soul once beheld, when it was free from a mortal body. Plato's theory of recollection (anamnesis) explains philosophy by using some features of the oral culture: philosophers propose a knowledge that surpasses the limits of individuals' perspectives and are affected by a kind of alienation, just like the poets. Unlike poets, however, they try to unify the many perceptions of the senses into conceptual patterns or forms, by means of reasoning.

Bisogna infatti che l'uomo comprenda secondo ciò che si chiama eidos, andando dalle sensazioni molteplici ad una unità raccolta insieme con il ragionamento. E questa è anamnesis (reminiscenza) di quanto la nostra anima vide una volta, quando viaggiava con il dio, guardando dall'alto ciò che ora diciamo essere e alzando la testa verso ciò che è realmente. Perciò solo la dianoia (intelletto discorsivo) del filosofo è propriamente alata: infatti, per quanto possibile, con la memoria (mneme) è sempre vicino alle cose la cui prossimità rende divino il dio. E solo l'uomo che si vale correttamente di tali ricordi (hypomnemata), essendo sempre iniziato ai perfetti misteri, diviene realmente perfetto; ma poiché si allontana dalle cure umane e si approssima al divino, è ripreso dai più come se fosse disturbato, perché non si accorgono che è enthousiazon (ispirato dalla divinità). (249b-d)

Comprendere le cose secondo l'eidos significa comprenderle secondo una struttura concettuale, che unifica, con una operazione di astrazione, le sensazioni molteplici, di per sé senza significato, in unità dotate di senso. Questa struttura concettuale non viene dalle cose di cui facciamo esperienza ora, ma deve essere pensata come al di sopra e indipendente rispetto ad esse. Tuttavia, perché sia possibile un discorso in comune, l'eidos non può essere un prodotto dell'arbitrio individuale. Deve dunque venir pensato come intersoggettivo. Questa intersoggettività non può dipendere da una semplice convenzione, perché, per poter concludere un accordo, bisogna presupporre che ci sia già qualcosa di intersoggettivo prima dell'accordo.

Per una cultura orale, il sapere può essere soltanto un patrimonio comune: tutto ciò che non riesce a farsi ricordare, diventando collettivo e non soltanto individuale, è destinato semplicemente a sparire. Platone usa la modalità propria della cultura orale, la reminiscenza di chi deve contare esclusivamente sulla memoria collettiva delle persone viventi, per suggerire qualcosa di nuovo: le idee sono superiori agli individui, e si collocano in un ambito di validità che trascende il mondo di cui facciamo esperienza. Per approssimarsi ad esse, tuttavia, occorre il ragionamento.

Nella cultura orale, il poeta era autorevole non perché produceva opere originali, frutto della sua creatività, ma perché parlava come un alienato, che ripeteva un sapere non suo, il quale così perdurava nella memoria collettiva; Platone cerca di legittimare la filosofia come una nuova forma di alienazione. La filosofia, infatti, può essere autorevole soltanto se il filosofo riesce ad uscire da se stesso e a ricordare, cioè comprendere e argomentare concetti che, per funzionare, non possono essere soltanto suoi. Non è neppure importante dimostrare che questi concetti esistano, nella dimensione storica e individualizzata in cui vivono i mortali: essi possono anche essere oggetto soltanto di un mito, purché sia chiaro che ogni discorso scientifico deve presupporli, anche senza poterli dimostrare. Infatti, se questo presupposto mancasse, non sarebbe possibile cominciare nessun discorso comune.

Glossario

Eidos

Eidos deriva dalla radice veid-void-vid, la stessa del latino video (vedo) e del perfetto oida (ho visto e quindi so). Eidos può essere tradotto come forma, figura, modello, nel senso di qualcosa di offerto alla vista. La lingua greca connette strettamente visibilità e conoscibilità. Per questo Platone riesce a passare dall'eidos come modello o schema visibile, di cui si vale l'artigiano nel sua lavoro, all'idea come forma intelligibile del reale, che può essere colta con gli occhi della mente. Sempre per questo motivo, la techne può essere pensata come una forma di conoscenza: l'uomo della techne non ha un sapere mnemonico, come il poeta, ma si caratterizza proprio perchè rende visibili - e dunque conoscibili - i modelli in base ai quali lavora.

Link rilevanti

Maria Chiara Pievatolo. L'anamnesis nel Menone.

Maria Chiara Pievatolo. L'anamnesis come mito.

Maria Chiara Pievatolo. Eros come mania (Fedro 244a-245c).

Platone. Fedro 249b-c.

Un'operazione retorica (Fedro 249d-256e)

Abstract

Socrates' purpose is to show that a philosophical eros is a fourth kind of divine madness, to be added to the three already known in the Greek culture. He adopts a rhetorical strategy to lead his reader from something familiar to the new and unfamiliar idea of philosophical life.

Esiste dunque, prosegue Socrate, una quarta specie di mania divinamente ispirata, oltre alle tre già menzionate in precedenza: la mania dell'erastes (amante) che, vedendo la bellezza di qui, si ricorda della vera bellezza che ha intravisto in alto, e ne viene preso (249d-e). Le immagini (oiomata) sono inadeguate rispetto a ciò di cui sono rappresentazioni (250b), e i nostri organi sono offuscati perché siamo seppelliti in quella tomba (sema) che si chiama corpo (soma) (250c). Tuttavia, per quanto il compito di risalire dalle immagini sensibili alle apparizioni (phasmata) scorte altrove:

...ogni anima d'uomo per natura ha contemplato le cose che realmente sono (ta onta), altrimenti non sarebbe mai pervenuta in un tale essere vivente (zoon). (249c)

Il secondo discorso di Socrate può anche essere letto come un'operazione retorica. Socrate usa l'eros, cioè un'esperienza a tutti familiare, che trova in se stessa la propria giustificazione, per condurre Fedro ad apprezzare qualcosa di nuovo e di alieno, come la vita filosofica.

La scienza richiede un impegno disinteressato e una prospettiva che trascende gli orizzonti dell'esistenza individuale e della sua utilità. Ma se si mostra al lettore che esperienze importanti della sua vita e della sua cultura sono altrettanto ingiustificabili dal punto di vista dell'utilità individuale, diventerà più facile fargli accettare questa nuova prospettiva.

Per quanto l'eros filosofico sia presentato come una quarta specie di mania, accanto alle altre tre già riconosciute dalla cultura greca, il secondo discorso di Socrate non aggiunge semplicemente qualcosa di nuovo alla tradizione, ma le propone un radicale mutamento: l'esistenza terrena dei singoli è trattata, nel suo mito, come qualcosa di provvisorio e di deteriore, che trova giustificazione solo nella più ampia prospettiva del ciclo delle reincarnazioni. La nostra condizione storico-sociale è pensata come una limitazione, che di per sé non può fornire nessun metro di giudizio. Il problema centrale non è più quello del valore della filosofia nella società, bensì quello del valore della società per la filosofia.

Link rilevanti

Maria Chiara Pievatolo. Eros come mania (Fedro 244a-245c).

Maria Chiara Pievatolo. La vocazione di Socrate nell'Apologia.

Platone. Fedro 249d-256e.

Un ideale aristocratico (Fedro 256e-257b)

Abstract

Plato's goal is to propose an aristocratic ethic of philosophy: if we judge our lives and choices only from the point of view of economic assessment, we shall not be able to understand the meaning of life, because of the narrowness of such a perspective. To understand it, we need conceptual tools. But to elaborate them, we need to engage ourselves in the unending work of science for the sake of itself. And, eventually, to do it, we do need eros. as a selfless passion.

Eros - perfino quando il suo oggetto non è la bellezza di un'idea, ma quella di una persona - con il suo senso di insufficienza e la sua nostalgia è un'immagine e una componente essenziale della vita filosofica: solo una passione talmente forte da apparire alienante può spingerci ad impegnarci in un compito la cui realizzazione trascende le prospettive di una singola vita mortale. Per quanto gli strumenti della filosofia siano i ragionamenti e i concetti propri della metafisica platonica, la sua porta d'ingresso è esistenziale e passionale. Ma chi risponde a questa vocazione ottiene in cambio la possibilità di mettere criticamente in discussione la propria società e la propria storia, da un punto di vista più elevato, e dunque con un angolo visuale maggiore.

Ragazzo, queste cose così grandi e divine te le donerà l'amicizia (philia) di un innamorato (erastés); di contro, la familiarità con chi non ti ama, mescolata di autocontrollo (sophrosyne) mortale, tenendo i conti con una economia mortale e gretta (thneta te kai pheidola oikonomousa), produce nell'anima amica una mancanza di libertà (aneleutheria) lodata dalla folla come eccellenza (arete), che la farà girare novemila anni senza intelletto (anoos) attorno alla terra e sotto terra. (256e-257a)

Dal punto di vista della nuova etica aristocratica proposta da Platone, una vita orientata esclusivamente dal calcolo economico è una vita senza libertà, e dunque senza senso. Gli uomini liberi sanno scegliere autonomamente e amare disinteressatamente, cioè sanno impegnarsi in imprese che intendono come valide di per sé, al di del calcolo economico. Chi rimane incatenato alla prospettiva dell'utile individuale è condannato a vivere senza capire: se le cose hanno un senso, esso non può essere provvisorio, ma può essere trovato esclusivamente se si va alla ricerca di un sapere eterno e sovrapersonale. L'attualità di questo sapere può anche essere soltanto oggetto di un mito: ma credere nella sua possibilità rende liberi, perché induce ad apprendere gli strumenti critici propri dell'indagine filosofica.

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Platone. Fedro 256e-257b.


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