Il Fedro di Platone | bfp |
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Copyright © 2004-2005 Maria Chiara Pievatolo
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01-07-2007
Sommario
Abstract
Why did Plato choose to write philosophical texts, while criticizing written communication? Such a question has received two different answers: some scholars believe that the "true" philosophy of Plato was unwritten and esoteric, while some others are convinced that in Plato's view knowledge is not a collection of information, but an endless critical process. In both cases, we have to deal with a deeper question: if knowledge is either esoteric or unspeakable, how is it possible to produce a meaningful philosophical speech?
Perché Platone sceglie di mettere i suoi testi per iscritto, a dispetto della critica alla scrittura contenuta nel dialogo Fedro? La tradizione interpretativa offre due risposte concorrenti:
La prima soluzione viene sostenuta dalla cosiddetta scuola di Tübingen, divulgata in Italia da Giovanni Reale; la seconda soluzione risale al padre degli studi platonici contemporanei, il filosofo e teologo tedesco Schleiermacher. Ma qualsiasi sia la posizione che abbracciamo, dobbiamo interrogarci sul valore del discorso filosofico, riferito a un sapere che vorrebbe essere indipendente da fini particolari e volto alla comprensione dell'universale. Se questo sapere fosse esoterico, o non comunicabile, ogni tipo di argomentazione filosofica espressa si ridurrebbe a retorica o a chiacchiera. Il mondo umano sarebbe destinato a venir guidato esclusivamente dalla passione (eros) e dalla manipolazione comunicativa (retorica). Non a caso questi due elementi sono i principali temi del Fedro.
In italiano "amore" ha uno spettro semantico, cioè un'area di significati possibili, molto più ampio del greco eros. Per esempio noi parliamo dell' amore fraterno e dell'amore sessuale usando la stessa parola. Un greco, di contro, avrebbe preferibilmente designato l'amore fraterno come philia. Questo termine si traduce normalmente con amicizia, ma ha un significato più ampio; esso indica l'affezione per un familiare, un amico o un concittadino: un legame che può essere profondissimo, ma che non comporta di per sé il coinvolgimento passionale che è caratteristico dell'eros. L'Antigone di Sofocle rischia la vita per "amore" del fratello morto, che seppellisce contro le leggi della città: ma ove a noi viene naturale dire "amore", Sofocle dice philia. Basta ricordare il celebre verso 523, nel quale Antigone si dice nata per condividere philia (symphilein) e non odio - in un dialogo il cui tema è proprio la philia per la famiglia e per la città. Eros è amore sessuale, ma non solo: forse la parola più adatta per tradurlo è "passione". Il termine eros viene usata, nella Repubblica (485b, 573a ss), sia a proposito dei tiranni sia a proposito dei filosofi. Tiranni e filosofi sono dominati dall'eros, cioè da una passione che governa interamente il loro animo: gli uni per il potere, gli altri per la conoscenza.
Nel mondo di Platone, il luogo sociale dell'eros non era la famiglia, che era innanzi tutto una organizzazione economica schiavista e patriarcale. I matrimoni erano combinati, per motivi di economia e di economia politica; le donne, oltre ad avere uno status giuridico di minori perenni, erano segregate. Per i familiari, il sentimento appropriato, in questa prospettiva, era la philia, che è anche il legame che unisce i compagni in una impresa comune. Passioni coinvolgenti e totalizzanti si potevano avere altrove, nella vita della comunità: per esempio per i ragazzini liberi sulla soglia della pubertà - questi legami omoerotici fra un ragazzo e un uomo più anziano venivano considerati una istituzione educativa - o, come suggerisce Platone, nei confronti del potere o del sapere.
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