Tetradrakmaton

Il Fedro di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
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«Le cose degli amici sono comuni» (Fedro 279b-c)

Abstract

Socrates proposes a final prayer: “O beloved Pan and all ye other gods of this place, grant to me that I be made beautiful in my soul within, and that all external possessions be in harmony with my inner man. May I consider the wise man rich; and may I have such wealth as only the self-restrained man can bear or endure” (279b-c). Phaedrus shares in this prayer “for friends have all things in common”. The latter saying is an obvious allusion to a political doctrine of Plato's main political work, the Republic; it suggests the reader that only an interactive, shared knowledge can be the basis of a common, shared political project.

Socrate: - O caro Pan e tutte voi altre divinità di questo luogo, concedetemi di diventare bello da dentro, e, per quanto possiedo esteriormente, fate che io abbia amicizia per le cose interiori. Che io possa considerare ricco il sapiente; e che la quantità del mio oro sia tale che non sia in grado di sopportarla e di amministrarla altri che chi ha il controllo di sé (sophron). Manca ancora altro, Fedro? Perchè io ho già pregato secondo misura.-

Fedro: - Associa anche me alla preghiera: le cose degli amici sono comuni. - (279b-c)

Il Fedro si conclude con una preghiera, che è filosofica secondo lo spirito proprio del pensiero antico. Nel pensiero antico, la scelta di un modo di vivere non si poneva alla fine del processo dell'attività filosofica, come corollario pratico, bensì alla sua origine: si può ottenere conoscenza solo dopo aver fatto la scelta esistenziale di dedicare la propria vita alla ricerca del sapere. Questa scelta conduceva al discorso filosofico, il quale, reciprocamente, aveva il compito di chiarirla e di giustificarla razionalmente, e la cui validità, a sua volta, si poteva corroborare sulla pietra di paragone della coerenza personale.

Fedro si associa alla preghiera di Socrate, citando un proverbio: «le cose degli amici sono comuni». Questo stesso proverbio, nell'opera politica più importante della maturità di Platone, la Repubblica (449c), fungeva sia da principio organizzativo del modello di società giusta proposto nel testo, sia da punto di partenza di un excursus teorico su alcuni aspetti fondamentali della metafisica platonica - la dottrina delle idee e il Bene -. Un richiamo così evidente deve invitare il lettore a interrogarsi sul senso politico della critica del Fedro alla rigidità testuale.

Il discorso di Lisia, che Fedro poteva sottrarre a Socrate tenendolo nascosto sotto il mantello, non è di per sé in grado di produrre un sapere comune, sia perché, per la natura del suo supporto, si presta ad essere privatizzato, sia perché la sua forma comunicativa è rigida e non interattiva. Esso, pertanto, può fondare soltanto progetti politici autoritari e manipolatori. Di contro, il sapere di cui Socrate ha parlato nel Fedro, che, lasciando liberi i testi, ha bisogno di essere messo in comune tramite l'interazione interpersonale, ha anche la possibilità di costruire una comunità politica in quanto progetto collettivo. La stessa associazione di Fedro a Socrate è un piccolo passo in questa direzione.

Link rilevanti

Pierre Hadot. Qu'est-ce que c'est la philosophie antique?. Gallimard. Paris. 1995.

Giovanni Cerri. Platone sociologo della comunicazione. il Saggiatore. Milano. 1991.

Platone. Fedro 278b-279c.


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