Tetradrakmaton

Il Fedro di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
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Un riassunto ipomnematico (Fedro 277a-279a)

Abstract

Socrates offers Phaedrus a short summary to sum up the main points of their discussion on rhetoric. Such a summary is useful only as a reminder; to get a true recollection (anamnesis) of the reasoning that justifies each of the listed points, a reader should not simply remember them, but he has to understand and to be in agreement with them. Plato uses Socrates' final summary to give us a practical instance of the function of reminding.

Fedro, ormai convinto, chiede a Socrate una hypòmnesis di quanto è stato detto sui discorsi fatti con techne e senza techne. (277b) Socrate lo accontenta offrendo al suo interlocutore, e soprattutto al lettore, un utile sommario:

Finché non si conosce il vero su ciascuna cosa di cui si parla o si scrive 11 e non ci si è messi in grado di definire tutto di per sé stesso (kat'autò) e, dopo averlo definito, non si sappia di nuovo suddividerlo per specie (kat'eide) fino all'indivisibile, e poi, con una analisi sulla natura dell'anima secondo questo metodo, non si scopra la specie (eidos) che si addice a ciascuna natura, così da stabilire e organizzare il discorso, offrendo discorsi complessi e variopinti all'anima variopinta, e semplici alla semplice - fino ad allora non sarà possibile che il genere oratorio sia maneggiato con techne, secondo quanto gli è connaturato, né allo scopo di insegnare né a quello di persuadere, come ci ha rivelato tutto quanto detto prima. (277b-c)

Il sommario di Socrate elenca le tesi fondamentali emerse da una discussione svoltasi interattivamente. Per riconvertire questo elenco in sapere, il lettore deve essere in grado di ricostruire le argomentazioni che hanno condotto a queste conclusioni. Anche la semplice operazione di leggere il Fedro a ritroso, alla ricerca dei passi che motivano ciascuna delle affermazioni del riassunto, richiede una comprensione che va al di là della memoria intesa meccanicamente come conservazione di nozioni.

Se il Fedro condannasse la scrittura in quanto tale, la presenza di un riassunto ipomnematico scritto al servizio di un altro testo scritto - che dovrebbe essere già di per sé soltanto ipomnematico - sarebbe difficile da spiegare, anche perché, nello stesso 277b Socrate dice esplicitamente che i canoni stabiliti si applicano sia al parlare sia allo scrivere. Se invece Platone volesse contrapporre il discorso interattivo e interpersonale al discorso monologico, si potrebbe coerentemente spiegare la ricapitolazione finale, che avrebbe la funzione di illustrare praticamente la funzione ausiliaria della hypòmnesis. Le nozioni esposte nel riassunto possono ritornare sapere, cioè essere comprese e giustificate, soltanto con una esperienza di anamnesis - cioè con la ricostruzione delle loro premesse da parte di un lettore che le ha capite e le ha fatte proprie.

Si può dunque concludere, prosegue Socrate, che

...se Lisia o qualcun altro ha mai scritto o scriverà, sia a titolo privato sia in una funzione pubblica, come legislatore, che mette per iscritto un testo (syngramma) politico e crede che in esso ci sia una qualche grande stabilità e chiarezza, ciò sarà motivo di biasimo di chi scrive, lo si dica o no. Infatti l'essere ignoranti, in sogno e da sveglio, di quanto concerne il giusto e l'ingiusto, il bene e il male, non lo sottrae in verità ad essere biasimato, neppure se tutta la folla (ochlos) 12 lo applaudisse. [...]

Ma chi invece ritenesse che nel discorso scritto su qualsiasi argomento c'è necessariamente molto gioco e che nessun discorso, né in versi né in prosa, vale granché la pena di esser scritto, né di esser recitato allo scopo di persuadere, come fanno i rapsodi, senza un'indagine preliminare e senza volontà di insegnare, bensì pensasse che in realtà i discorsi migliori sono hypòmnesis per chi sa, e che dunque solo nei discorsi sul bello, sul giusto e sul buono, insegnati e pronunciati a scopo di apprendimento e scritti effettivamente nell'anima ci fosse evidenza, perfezione e validità d'impegno; e che tali discorsi debbano essere detti, in un certo senso, suoi figli legittimi - in primo luogo quello in lui, qualora, essendo stato trovato, gli si sia reso presente, 13 poi la progenie di quest'ultimo e i suoi fratelli allo stesso tempo, se sono nati in anime altre e altrui, secondo il loro valore, e saluta gli altri discorsi 14 - Fedro, un uomo così, probabilmente, è come io e te faremmo voto di diventare! (277d-e/278a-b)

Per quanto il Fedro parli poco di politica, il problema politico è sempre presente al suo autore. In 277d-e, Platone estende la sua critica nei confronti della rigidità testuale alla scrittura legislativa. Le leggi scritte sono il codice che governa il funzionamento delle istituzioni politiche. Ma pensare che esse siano sufficienti a strutturare istituzioni durevoli nel tempo è come credere che per sapere basti disporre dei testi. In entrambi i casi, ci devono essere persone che li comprendano criticamente e li sappiano applicare. I testi non camminano con le proprie gambe: le questioni politiche possono essere affrontate nella loro pienezza solo se intese come problemi di interazione sociale e culturale.

Stando così le cose, non stupisce che l'ambito degli "scrittori" oggetto della critica platonica comprenda promiscuamente sia la vecchia cultura orale, sia la nuova civiltà della scrittura, indirizzandosi a:

Se, tuttavia, ciascuno di questi "scrittori" ha composto le sue opere conoscendo il vero ed è in grado di difenderle in una interazione dialogica, allora egli merita il nome di filosofo, cioè di amico della sapienza - perché l'appellativo di sapiente si addice solo alla divinità. (278d) Il peccato originale non consiste nella scrittura, ma nella prepotenza della comunicazione a senso unico.

Link rilevanti

Maria Chiara Pievatolo. Medicina e retorica (Fedro 268a-272c).

Maria Chiara Pievatolo. Scrivere nell'anima (Fedro 276a-277a).

Platone. Fedro 277a-278b.



[11] Il corsivo è ovviamente mio.

[12] Ochlos, a differenza di demos, ha una connotazione fortemente dispregiativa.

[13] Platone non descrive l'evento della scoperta come una operazione dipendente dalla creatività individuale, bensì come qualcosa che il singolo subisce: il discorso è oggetto di scoperta - euretheis è un participio passivo - e si fa presente o ispira (ene) chi lo pensa. Questo modo di esprimersi rispecchia la sua convinzione a proposito della natura sovrapersonale del sapere.

[14] Chaire/chairete è una formula di saluto, usata sia come benvenuto sia come congedo. Se questo "salutare" dovesse intendersi come "eliminare", Platone, scrittore di dialoghi, sarebbe in contraddizione con se stesso. Se invece il saluto è un congedo che dà il via a una circolazione non controllata dei testi, la contraddizione svanisce.

[15] In 278e ss. Socrate menziona anche Isocrate (436-338 a.C.), che all'epoca in cui il dialogo è ambientato doveva essere giovanissimo, predicendogli ironicamente un brillante avvenire. Isocrate aveva fondato nel 392 a.C. una propria scuola, il cui programma è esposto nelle orazioni Contro i Sofisti e Elena, la quale si proponeva di insegnare una retorica utile alla vita politica, in grado di adattarsi alle circostanze e all'uditorio: «Avere opinioni adeguate (epieikos doxazein) su ciò che è utile è più importante di avere scienza esatta (akribos epistasthai) su ciò che è inutile.» (Hel. § 5) Platone, con la sua Accademia, lo sentiva come un rivale non soltanto dal punto di vista politico e pedagogico, ma anche sul piano teorico.


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