Tetradrakmaton

Il Fedro di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
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Il mito di Theuth (Fedro 274b-275c)

Abstract

Socrates contrives an "Egyptian tale" to explain Phaedrus the usefulness and harmfulness of writing. In such a tale, the Pharaoh Thamus tells to the god Thoth, who is showing him his brand new invention, the letters (grammata), that their usefulness should be evaluated from the perspective of the users. Letters can save and communicate a lot of information, but they do not make us wiser, because they cannot teach us, by themselves, how to assess and discuss the notions they provide.

Rimane ancora da risolvere la questione della decorosità o dell'indecorosità della scrittura (274b). Socrate, adottando una modalità comunicativa tipica della cultura orale, riporta un racconto che attribuisce a "quelli prima di noi" e che colloca in Egitto. 3

Il dio egiziato Teuth - racconta Socrate - inventò i numeri, il calcolo, la geometria, l'astronomia, il gioco della petteia 4 e dei dadi, e anche le lettere (grammata). (274c) Si presentò quindi al faraone Thamus per illustrargli le sue technai. Quando giunse ai grammata, disse:

- O re, questa conoscenza (mathema) renderà gli egiziani più sapienti e più dotati di memoria: infatti ho scoperto un pharmakon per la sapienza e la memoria. - E il re rispose: - Espertissimo (technikotate) Theuth, una cosa è esser capaci di mettere al mondo quanto concerne una techne, un'altra saper giudicare quale sarà l'utilità e il danno che comporterà agli utenti; e ora tu, padre delle lettere, hai attribuito loro per benevolenza il contrario del loro vero effetto. Infatti esse produrranno dimenticanza (lethe) nelle anime di chi impara, per mancanza di esercizio della memoria; proprio perché, fidandosi della scrittura, ricorderanno le cose dell'esterno, da segni (typoi) alieni, e non dall'interno, da sé: dunque tu non hai scoperto un pharmakon per la memoria (mneme) ma per il ricordo (hypòmnesis). E non offri verità agli allievi, ma una apparenza (doxa) di sapienza; infatti grazie a te, divenuti informati di molte cose senza insegnamento, sembreranno degli eruditi pur essendo per lo più ignoranti; sarà difficile stare insieme con loro (syneinai), perché in opinione di sapienza (doxosophoi) invece che sapienti. - (274e-275a)

Socrate invita Fedro, il quale ha osservato polemicamente che questa storia è solo una sua invenzione, a considerare quanto dice il racconto a prescindere dalla sua origine storica, (275b) proprio come si sarebbe fatto in una cultura orale. Ma lo stile "orale" è solo un espediente retorico: Socrate, infatti, non nega che il suo mito è una costruzione artificiale per illustrare una tesi filosofica, che deve essere analizzata nei suoi contenuti. (275c)

  1. La scrittura è una techne. La sua utilità non può essere giudicata da chi la propone - per quanto divino possa essere - ma da chi la usa, 5 cioè dagli egiziani, rappresentati dal faraone Thamus. Anche il Fedro è un dialogo fra due utenti della scrittura: Socrate, attratto dai libri come da un pharmakon, si fa leggere il discorso di Lisia da Fedro; lo stesso testo scritto, sottoposto a discussione, viene poi riletto più volte. Il Socrate storico non ha lasciato nulla di scritto; il Socrate del dialogo ha tuttavia titolo a giudicare su come si deve scrivere in quanto lettore, cioè utente di testi. Platone, autore del dialogo, giudica la scrittura solo dopo aver scelto di usarla, da lettore e da scrittore. La dottrina del primato dell'utente ha un corollario importante: non possiamo valutare una tecnica senza aver prima provato a usarla in maniera consapevole.

  2. La scrittura è un pharmakon e come tale ha sia effetti benefici, sia effetti dannosi:

    • la scrittura rende più facile la hypòmnesis, cioè la conservazione e la trasmissione dell'informazione: nel dialogo, i personaggi possono accedere al discorso di Lisia anche se egli non è effettivamente presente e Fedro non l'ha ancora imparato a memoria;
    • la disponibilità di informazione in gran quantità non aumenta, di per sé, né la memoria né la "sapienza" degli utenti, cioè le loro capacità personali di richiamare alla mente la nozione appropriata nel momento in cui se ne ha bisogno e di valutare e connettere in modo critico i dati conservati e trasmessi meccanicamente;
    • dal momento che l'informazione offerta dalla scrittura dipende da un oggetto esteriore e non da condizioni personali e interpersonali, la synousia, lo stare insieme che fondava il sapere collettivo delle culture orali e delle scuole filosofiche antiche, diventa difficile, perché tende a perdere il suo senso collaborativo e a diventare competizione.

Per Platone, si può parlare di sapere solo se il soggetto conoscente è in grado di disporre criticamente delle nozioni che possiede e di discuterle con gli altri. La sophia, in questo senso, funziona sempre come qualcosa di interpersonale e di sovrapersonale. Se un'idea è solo di qualcuno, non può essere un'idea per tutti: ma se un'idea non è per tutti, non è sapere. La scrittura, tuttavia, produce l'illusione che la vita del sapere sia trasferibile in oggetti che si possono nascondere sotto il mantello, come fa Fedro col discorso di Lisia, vendere e comprare. Occorre dunque chiedersi se sia possibile trar vantaggio della scrittura senza cadere nell'inganno della reificazione del sapere.

Link rilevanti

Maria Chiara Pievatolo. I libri e la città (Fedro 229b-230e).

Maria Chiara Pievatolo. Un caso fortunato (Fedro 262c-264e).

Platone. Fedro 274b-275c.



[3] La cultura egiziana, grazie alla scrittura geroglifica, poteva contare sui ricordi di una remota antichità. Platone adotta l'espediente egiziano quando vuole caricare le sue tesi dell'autorità di una tradizione immemorabile, che trascende quella, recente, della cultura greca. «Voi greci siete sempre bambini, e un greco vecchio non c'è» (Timeo, 22b).

[4] Una specie di dama o di backgammon.

[5] Platone sostiene (Resp. 601d ss.) il primato del sapere dell'utente sul sapere del produttore e il potere d indirizzo del primo sul secondo. Le idee, infatti, non vengono costruite o create, ma soltanto applicate. La storia delle idee è propriamente la storia delle loro applicazioni - sulle quali soltanto l'utente, che ne fa esperienza nella sua vita, può giudicare con cognizione di causa.


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